Alzi la mano quel praticante sportivo (a qualsiasi livello) che non ha mai subito uno strappo muscolare, o almeno uno stiramento.
Siete in parecchi, lo so. Ma guardatevi intorno e contate gli altri…
Questo tipo di incidente è piuttosto diffuso; accade anche, di frequente, che si subisca uno stiramento ma non lo si riconosca come tale, magari confondendolo con un crampo. Nella mia attività professionale noto anche che, pur una volta diagnosticato correttamente l’evento, non sempre si seguono procedure idonee a gestirlo.
L’argomento è certamente molto importante, ma in questa serie di articoli vorrei parlare anche delle cause e della prevenzione di questo genere di problemi.
Per cominciare a fare chiarezza, ritengo necessario partire dalla nomenclatura.
Nella terminologia in uso in testi differenti, nei vari paesi e nei diversi ambiti (medico, sportivo, riabilitativo) lo stesso termine si utilizza a volte per indicare episodi diversi; per contro, è possibile che ci si riferisca allo stesso evento con termini differenti. Il nostro scopo qui, ora, non è tanto definire una volta per tutte quale sia la terminologia ufficiale da adottare, quanto stabilire una convenzione che ci permetta di poter dialogare. Sono certo che molti avranno da ridire sulle scelte che ho fatto… ma non è, in fondo, così importante.
Alcune delle immagini evocate nelle righe seguenti potrebbero risultate poco piacevoli per alcuni, ma sono in realtà la semplice descrizione di un fenomeno tissutale. Se svenite alla vista del sangue o non sopportate l’idea di pulire un pollo in cucina, potreste considerare l’eventualità di tralasciare questa parte dell’articolo ;)
Farò riferimento a questa grafica, che i lettori più fedeli ricorderanno di aver già visto un po’ di tempo addietro.
Qualche definizione
In linea generale, i termini contrattura, stiramento, strappo, lesione muscolare, rottura muscolare fanno tutti riferimento al fatto che alcune fibre di un muscolo si sono lesionate. Eventi contusivi a parte, ci sono fondamentalmente tre tipi di lesione muscolare:
- uno snervamento di un gruppo di fibre o di alcuni fascicoli, che non li spezza ma ne altera la qualità contrattile; potete, se volete, pensare ad una corda elastica che si sia sfilacciata. Definirò questo evento contrattura muscolare.
- L’effettiva rottura di alcune fibre o fascicoli. Come potete apprezzare dalla nostra figura di riferimento, le varie fibre muscolari sono impacchettate in fasci circoscritti da membrane, a loro volta raggruppati ed impacchettati in varie altre membrane di contenimento. Se pensiamo ad una fibra che si lesioni, visto il suo naturale stato di tensione elastica i due capi si ritireranno di alcuni millimetri, lasciando libera una porzione di spazio di forma grossolanamente cilindrica. Se volete potete pensare la fibra come una galleria ferroviaria ipertecnologica di forma cilindrica, e larga esattamente quanto i treni che vi transitano. Immaginate un treno nel quale due vagoni si stacchino, ed immaginate lo spazio che si crea tra i due rispetto alle pareti interne della galleria. Il parallelo non è rigoroso, ma è importante focalizzare l’idea che nel muscolo c’è ora un piccolo (a volte piccolissimo) spazio, che certamente vuoto non può restare visto che siamo fatti fondamentalmente di liquidi più o meno densi, nei quali galleggia ogni sorta di sostanza organica.
Tornando alla fisiologia, questo è l’evento che definisco stiramento muscolare. - Quando, invece, un numero consistente di fasci subisce rottura, parlo di strappo muscolare. Nei casi più gravi (i cosiddetti strappi di terzo grado) viene interessato alla rottura l’intero muscolo, i cui due capi si separano letteralmente scorrendo sotto la pelle. Il fenomeno è apprezzabile anche visivamente.
Cosa succede dopo una lesione muscolare?
Nel caso di contrattura muscolare le cellule si riparano da sé, basta darne loro il tempo e magari sostenerle creando buone condizioni ambientali (termiche e metaboliche) e meccaniche. Ci torneremo senz’altro.
Quando una o più fibre muscolari si spezzano, la tecnologia del nostro corpo non riesce a rimetterne assieme i due capi come nella configurazione originaria; fa, però, qualcosa di molto simile: lo spazio cilindrico che si è costituito, già pieno di liquidi organici, viene sottoposto ad un processo ricostruttivo (o meglio costruttivo) che lo satura di sostanza collagena e cartilaginea (tutto sommato simile alle parti elastiche del naso o delle orecchie). Il tessuto che si forma (tecnicamente definito connettivo fibroso) risulterà fortemente e saldamente connesso alle due estremità della lesione. Potete immaginare un tubo di gomma per annaffiare, accidentalmente tranciato dalla falciatrice, che viene ricongiunto intromettendo un pezzo di tubo (più grande o più piccolo, fate coi) saldato con un collante fortissimo.
Uscendo dalla nostra metafora, il collante è davvero fortissimo: non ho mai sentito parlare di un muscolo stirato o strappato che sia stato soggetto ad una nuova rottura nello stesso punto. Il tessuto neoformato è molto più resistente ed elastico della fibra muscolare stessa.
È forse opportuno sottolineare, però, che questo frammento di nuovo tessuto è sì elastico, ma del tutto privo di qualità contrattili. La cosa non ha, nella maggior parte dei casi, alcuna importanza pratica per l’amatore, e ne ha per l’atleta agonista solo quando la percentuale di muscolo interessato diventa rilevante (l’italiano Pierfrancesco Pavoni, unico velocista bianco nella finale dei 100 metri ai Campionati del Mondo di atletica leggera del 1987, in seguito ad uno stappo muscolare perse 500 mg di massa contrattile nel bicipite femorale destro).
Questa osservazione potrebbe – dovrebbe? – generare una domanda spontanea…
Perché subiamo lesioni muscolari?
La verità è che non lo sappiamo con esattezza. Sono consapevole di aver utilizzato fino a questo punto dell’articolo una serie di esempi semplicistici per illustrare alcune dinamiche di questa patologia, ma qualsiasi parallelo vi venga in mente tra uno stiramento ed una corda che – tirata troppo, o già sfibrata – finisca per spezzarsi, non è adeguato: le interazioni tra sistema nervoso e fibre muscolari, la complessa rete neuronale che presiede al movimento ed al controllo della contrazione, del rilassamento e della posizione di un muscolo rendono la fibra un’entità assolutamente più complessa di un qualsiasi corpo elastico.
La rottura di un muscolo durante un normale movimento non è certo dovuta a limiti fisici del tessuto muscolare. E perché, poi, di tutto un muscolo enorme, si stirano solo alcune fibre? A volte non è necessaria neanche una contrazione particolarmente potente… Certamente non è l’eccessiva tensione o trazione muscolare a rompere la fibra; certamente non è l’eccessivo sforzo.
La causa è da ricercarsi a mio avviso in un momentaneo disallineamento del sistema neurosomatico schema mentale↔sistema nervoso↔metabolismo della fibra contrattile; qualcosa si intromette nel ritmo di rilassamento-contrazione del muscolo, in probabile concomitanza col fatto che in alcune fibre si vengono a determinare squilibri metabolici ed elettrolitici che creano asincronia tra i treni di segnali elettrici e la loro capacità di risposta, anche rispetto alle fibre circostanti. Qualcosa si intromette, per un momento, in quel fenomenale processo che – alla velocità del pensiero – coordina diecine di migliaia di fibre muscolari a contrarsi e rilassarsi nella giusta successione e proporzione nell’esecuzione ad esempio di uno scatto di corsa, o di una schiacciata nella pallavolo.
Certamente esistono, però, condizioni che facilitano l’insorgere di una lesione muscolare. Ne parliamo la prossima volta.
Image courtesy ortopediae.com