Apparentemente, lo dicevamo ieri, ingrassare e dimagrire è una questione algebrica: tot calorie in, tot calorie out = variazione dei depositi grassi. Almeno questo è quanto ci dicono da sempre. Diciamo che è più o meno così: ma esistono tanti di quei distinguo ed eccezioni clamorose che alcuni chiarimenti sono necessari. Cominciamo dal concetto stesso di caloria.
Benché la caloria sia rigorosamente definita in termini scientifici già dal 1820, e quindi sia rigorosamente standardizzata, l’idea del potere calorico dei cibi è del tutto convenzionale. Pensate: il metodo più accurato per calcolarlo consiste nel bruciare gli alimenti, e vedere quanto calore si sviluppa. L’idea di fondo è che “nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Dunque tot calore, tot energia. Questa teoria ha diversi punti deboli, e di fatto non funziona. Vediamo perché.
Semplificare il corpo
Il problema di fondo è che si tende a considerare il corpo umano – e gli organismi in generale – come un reattore chimico: cioè come un sistema semplice, caratterizzato da poche grandezze e parametri (non lasciatevi impressionare dalla nomenclatura, un reattore è semplicemente un vaso in cui vengono poste a reagire delle sostanze). Ma la complessità di un organismo è ben maggiore, tant’è vero che ancora non la comprendiamo del tutto. In proposito abbiamo visto alcune dinamiche biologiche bizzarre, la cui comprensione richiede conoscenze piuttosto complesse.
Ognuno dei comportamenti del corpo che andiamo scoprendo giorno dopo giorno è per noi fonte di meraviglia, e l’unico modo che abbiamo per cercare di comprenderlo è fare ipotesi, e supporre modelli di comportamento: come fa la tal molecola ad entrare nella cellula x? Si suppone che la parete cellulare si introfletta fino a formare una cavità, che poi si chiude attorno alla molecola. La porzione di parete che rimane intrappolata viene poi verosimilmente demolita da appositi enzimi, ma il meccanismo di questo comportamento on è ancora chiaro né si sa quali sostanze esattamente intervengano.
Chi non è ricercatore deve capire che è questo lo stato dell’arte della Biologia, e che molti meccanismi di funzionamento che si insegnano nelle università sono solo delle ipotesi verosimili.
Nessuno ha fino ad oggi dimostrato che il corpo umano sia in grado di trarre da un alimento la stessa quantità di energia che si libera in una combustione in reattore. Amen.
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Energia variabile
Un altro problema è che se bruciamo un alimento crudo, e dopo averlo cotto in dieci modi diversi, otteniamo undici risultati diversi; ovviamente, aggiungerei: chiaro che la cottura modifica i legami energetici della materia organica. Però nelle tabelle caloriche degli alimenti non si dà di solito conto di questa diversità, né se ne parla nei libri di nutrizione o dietetica indirizzati ai comuni lettori, o sulle riviste specializzate; e questo nonostante si tratti del punto cruciale alla base della dietetica, visto che noi mangiamo molti cibi cotti. Su un famoso sito di consulenza medica italiana, una esperta afferma candidamente “non si fa MAI il calcolo sugli alimenti cotti, la variabilità è troppo grande. Già lo è con quelli crudi…”. Con buona pace delle diete e delle tabelle caloriche degli alimenti. La contraddizione non vi sfuggirà, immagino. Ma non è tutto.
Anche volendo avallare il metodo, bisogna essere consapevoli del fatto che ogni alimento è costituito da una serie di sostanze più semplici, ognuna delle quali caratterizzata da un proprio potere calorico. Capite che al variare della costituzione di un cibo varia anche il suo potere calorico complessivo. Che differenza c’è tra una pera molto matura ed una pera acerba dello stesso albero? E se due peri sono cresciuti uno in montagna ed uno in riva ad un fiume, non varia forse il contenuto in acqua dei frutti? E se consideriamo addirittura due specie botaniche diverse? Tutte le specie di pere hanno la stessa quantità di zuccheri? Naturalmente no. Non parliamo poi delle sostanze più complesse, come carni, pesce, uova, formaggi… è evidente che non si possono dare che delle indicazioni di media.
Le tabelle caloriche che trovate in giro sono state scritte in due possibili modi:
a) compilando dati ottenuti direttamente in reattore; in questo caso, i numeri pubblicati sono quelli effettivamente ottenuti, variabili a seconda del tipo di cibo scelto; il lettore, confrontando pubblicazioni diverse, sarà probabilmente costernato nel verificarne la discrepanza nei dati;
b) copiate da altre pubblicazioni; in questo caso il lettore potrà riscontrare la corrispondenza perfetta dei dati, convincendosi che si tratta di quelli giusti.
E che dire dei piatti già pronti? Come calcolare il potere calorico di un piatto di pasta con il suo condimento? Se anche consideriamo una tipica ricetta italiana, semplice, ad esempio pasta con ragù di carne alla salsa di pomodoro, erbe aromatiche (basilico, aglio, cipolla, carota e sedano), olio e formaggio ci troviamo già di fronte ad una diecina di alimenti, presenti in proporzione difficilmente calcolabile, di ciascuno dei quali è già difficile dire il potere calorico reale, tutti inoltre cotti in vario grado e per un tempo variabile. E questa è una ricetta semplicissima, che milioni di persone preparano e consumano ogni giorno. Pensate che solo in Italia esistono oltre 800.000 diversi produttori di olio di oliva, e che ogni tipo di olio ha caratteristiche diverse.
Insomma, calcolare il potere calorico di un piatto è cosa veramente complicata, e stimando si possono commettere errori molto grandi. Ma non è ancora tutto, temo.
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Assimilazione variabile
In un articolo di qualche mese fa avevo sottolineato che i processi di digestione ed assimilazione dei cibi sono molto diversi da come probabilmente siamo indotti ad immaginarli. In particolare, dicevo che non accade praticamente mai che il cibo venga totalmente disgregato nelle sue componenti molecolari; al contrario, la dimensione delle frazioni del cibo così come arrivano nello stomaco dopo la masticazione è piuttosto significativa per determinare la dimensione delle stesse frazioni al passaggio nell’intestino retto. In altre parole, se mandate giù un boccone intero o masticato male dimenticate che i processi digestivi possano assimilarlo: uscirà quasi intatto.
Se volete, potete pensare che ogni frazione di cibo venga attaccata dalle sostanze chimiche digestive solo marginalmente, alla sua periferia e mai del tutto dissolta (a meno che, naturalmente, non sia molto piccola).
Capite bene quindi che l’organismo assimila solo una parte del totale potere calorico di un cibo. A riprova della complessità dei sistemi viventi, voglio anche farvi notare che, nonostante possa sembrare a questo punto che una masticazione più accurata aumenti l’assimilazione del cibo, pure accade che si aumenta di peso più facilmente quando si mastica meno. E non tanto perché masticando meno si mangia più in fretta quindi di più, ma proprio per la biochimica della digestione, perché aumentano gli errori metabolici dell’organismo.
Non vorrei continuare a sparare sulla Croce Rossa, ma devo dire che l’assimilazione dei cibi dipende anche da come vengono associati nello stesso pasto.
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Smontiamo il concetto di caloria
Aggiungete a tutto quanto abbiamo detto la variabilità dell’azione dei succhi gastrici e degli altri enzimi digestivi a seconda di come ci sentiamo, di cosa abbiamo mangiato e bevuto nelle ore e giorni precedenti, e di decine di altri fattori… ed avrete il quadro della situazione. Interdetti? Buon segno.
Ricapitoliamo:
- abbiamo assunto arbitrariamente che l’energia chimica interna di un alimento coincida con l’energia biologica che il corpo è in grado di trarne: non siamo in grado di conoscere il valore energetico biologico reale dei cibi;
- non siamo in grado di dire come questo valore cambi a seconda della conservazione e della cottura dei cibi, a meno di non cucinare ogni volta un pasto in più e bruciarlo in un reattore in nome della scienza… e della linea;
- non esiste certezza sulla percentuale di potere calorico del cibo che l’organismo rende disponibile come valore energetico per le sue funzioni e tessuti;
- non abbiamo alcun controllo sui parametri che variano la nostra assimilazione alimentare pasto per pasto;
- non siamo in grado di sapere quanto del cibo che mangiamo venga assimilato, e quindi contribuisca a fornire energia al corpo.
Insomma: il concetto di caloria è retaggio della chimica del secolo scorso, ma ha attecchito; e questo è solo l’inizio dei nostri problemi.
Restate in giro, si continua :)
Image courtesy salute.pourfemme.it