Il corpo umano funziona in modo meraviglioso, con una tecnologia che va ben oltre le nostre capacità di comprenderla appieno e – ancor più – di riprodurla. A dire la verità tutti gli esseri viventi esprimono un altissimo livello tecnologico, ciascuno per le proprie funzioni, collocazioni, significati.
Sarebbe molto affascinante trattare questi temi (che trascendono gli ambiti dell’anatomia, della fisiologia e della neurologia), ma non avrebbe senso su queste pagine. Vorrei però approfondire un ambito molto utile a chi si appassioni alla performance, al fitness, al wellness: il modo in cui i muscoli collaborano al movimento ed al gesto complesso.
Nell’articolo utilizzerò una nomenclatura anatomico-fisiologica standard. Se avete dei dubbi potete consultare l’apposito articolo.
Articolazioni
Un primo livello di analisi riguarda il rapporto tra muscoli ed articolazioni. L’articolazione è, per definizione, un punto di contatto tra due o più ossa.
Un’articolazione può permettere un movimento:
- secondo un solo piano, come il gomito, perno della flessoestensione dell’avambraccio, o come il ginocchio;
- secondo due piani, come il polso, che articola mano ed avambraccio e permette flessione ed estensione in due direzioni;
- secondo più piani, come la spalla, che articola il braccio sul busto consentendo qualsiasi direzione di movimento; anche le vertebre hanno molti gradi di libertà, sebbene articolino in maniera differente.
Ma ci sono poi articolazioni molto meno mobili, come quelle delle ossa del cranio e della faccia. Anche le suture craniche permettono infatti movimenti ossei che, sebbene siano impercepibili, sono parte delle nostre necessità vitali (ne abbiamo parlato ad esempio qui).
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Muscoli
Parlando invece di muscoli, ce ne sono alcuni che scavalcano una sola articolazione, mettendo quindi in relazione due ossa che si toccano tramite quell’articolazione. Penso ad esempio al brachiale anteriore, che si origina all’omero e si inserisce sull’ulna, uno delle due ossa dell’avambraccio. Questi muscoli sono detti per questo monoarticolari.
Altri muscoli scavalcano invece due o più articolazioni, mettendo in relazione due ossa che non sono in contatto diretto. È il caso del sartorio, un muscolo situato sulla coscia (che prende il nome dal fatto di permettere l’accavallamento delle gambe, azione tipica dei sarti quando cuciono da seduti); il sartorio origina dal bacino e si inserisce sulla tibia, l’osso principale della gamba.
Ci sono poi casi più complessi, nei quali un muscolo non è costituito da un fascio con un tendine a ciascuna estremità ma si divide in più fasci, ciascuno dei quali termina con un tendine che si inserisce su un diverso osso; solitamente in questi casi alcuni capi si comportano come monoarticolari, altri come poliarticolari. Esempio tipico di questa morfologia e fisiologia sono i bicipiti. Ne abbiamo due paia, uno nelle braccia (bicipiti brachiali) e uno nella parte posteriore delle cosce (bicipiti femorali). Il bicipite femorale, ad esempio, ha un capo che parte dal bacino ed uno che parte dal femore (il primo scavalca quindi l’articolazione tra omero e bacino); questi capi si uniscono e, scavalcando il ginocchio, terminano sulla tibia.
Come potete intuire, i muscoli poliarticolari possono effettuare movimenti più complessi dei monoarticolari: ad esempio, se la gamba è tenuta estesa sulla coscia da altri muscoli il bicipite femorale porta indietro gamba e coscia allo stesso tempo; ma può anche flettere la gamba, se questa è libera di articolare.
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Agonisti e antagonisti
È forse il caso di sottolineare che un muscolo può agire sulle ossa su cui insiste solo avvicinando i suoi estremi, cioè la sua origine e la sua inserzione: il muscolo, in altre parole, può tirare ma non spingere. Per effettuare il movimento opposto – cioè riportare attivamente le ossa nella posizione iniziale, senza usare la forza di gravità – abbiamo bisogno di altri muscoli, collocati diversamente: questi muscoli sono chiamati antagonisti dei primi, che sono invece gli agonisti. Va da sé che questa nomenclatura riguarda specifici movimenti, e dunque un muscolo è agonista in uno o più movimenti e antagonista in altri.
La cosa interessante è che nella maggior parte dei casi troverete che un movimento è compiuto non da un muscolo solo ma da più muscoli, i quali solitamente fanno anche altre cose.
Facciamo un esempio. Il bicipite brachiale flette l’avambraccio, ma non solo: anteropone il braccio ed extraruota l’avambraccio; il tricipite brachiale estende l’avambraccio, retropone ed adduce il braccio. Quindi questi due muscoli sono antagonisti per flessione-estensione e per anteroposizione-retroposizione, ma non ad esempio per l’extrarotazione-intrarotazione. D’altro canto ci sono altri muscoli che flettono l’avambraccio: il brachioradiale, il pronatore rotondo, il grande palmare, il brachiale anteriore… per non citare che i più importanti. Quindi il tricipite è antagonista di tutti questi per la flessione-estensione, e non solo del bicipite. Inoltre, al pari di quest’ultimo, molti dei muscoli appena citati svolgono altre funzioni oltre alla flessione dell’avambraccio.
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Ridondanza funzionale
Insomma, di solito un muscolo fa tante cose, e non è quasi mai solo a farle: il nostro sistema muscolare (come quello di tutti i mammiferi) è progettato con una tecnologia ridondante che ci permette di compiere la maggior parte dei movimenti anche se un muscolo smette di funzionare o viene lesionato. Inoltre, la distribuzione dei compiti tra più gruppi muscolari consente movimenti più fluidi e accurati.
Nei prossimi articoli ci occuperemo di come utilizzare tutto questo ben di dio!
Image: Tania Cagnotto, courtesy londra2012.blogspot.com