Ipercolesterolemia: teniamo il colesterolo sotto controllo

Riassumo i punti salienti emersi nel post di ieri:
1. il rapporto tra LDL (lipoproteine a bassa intensità) ed HDL (lipoproteine ad alta intensità) è il fattore più importante per una buona gestione del colesterolo corporeo;
2. valori alti di colesterolemia, fino a 2,4 grammi per litro di sangue, non sono significativamente correlati a rischio cardiovascolare se il rapporto HDL/LDL è adeguatamente alto; in certi studi, addirittura, non si è riscontrata una differenza significativa nel rischio cardiovascolare fra un livello di colesterolo di 2,04 e di 2,94 grammi per litro di sangue;
3. il colesterolo esogeno (quello assunto con l’alimentazione) rappresenta mediamente il 10% della colesterolemia totale.

Intervenire sulla ipercolesterolemia riducendo la quota esogena è, a meno di eccessi nutrizionali significativi, una strategia piuttosto debole, anche per il fatto che la colesterolemia è il risultato di un equilibrio sistemico e laddove si riducesse l’assunzione di colesterolo la quota endogena potrebbe aumentare per compensazione.
Questa compensazione avviene anche nell’altro senso: mangiare (senza esagerare!) anche cibi ricchi di colesterolo non causa direttamente un aumento delle LDL. Molto più efficaci, in questo senso, sono alcuni grassi particolari.

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Colesterolo, ipercolesterolemia e fattori di rischio cardiovascolare – facciamo chiarezza

Chi non ha mai sentito parlare del problema del colesterolo alzi la mano.
Il termine colesterolo, coniato alla fine dell’800, viene dal greco e significa sostanza solida per (che produce) la bile. Non pensate neanche per un momento che il colesterolo sia una sostanza dannosa: anzi, è indispensabile alla vita animale. Semmai sono le alterazioni anomale dei suoi livelli, della sua produzione e del suo smaltimento che possono creare fastidi; ma questo vale per qualsiasi sostanza nell’organismo. Che se ne parli tanto dipende solo dal fatto che nei Paesi industrializzati sono frequenti alcune patologie legate a questa sostanza.

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Piegamenti delle braccia: le varianti evolute

Terminiamo con questo articolo l’analisi che abbiamo fatto sui piegamenti delle braccia. Diamo ormai per acquisita l’esecuzione canonica dell’esercizio e di tutte le sue varianti con riferimento all’ampiezza della presa, alla linea di spinta e di appoggio, al piano di lavoro. Per chi si fosse perso qualcosa, segnalo che a partire da qui potrete recuperare le informazioni perdute. In questo articolo esamineremo altre varianti dell’esercizio, più indirizzate a qualità specifiche, e decisamente più impegnative.

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Piegamenti delle braccia per chi parte da zero

Possono esserci molte ragioni per cui i normali piegamenti delle braccia a terra risultano troppo impegnativi: una condizione di forma non ancora elevata, una fase di recupero in seguito ad un incidente, problemi muscolo-articolari, l’età (molto precoce o molto avanzata)… Una cosa è certa: non importa quale sia il vostro livello di partenza, con le strategie giuste la vostra forma migliorerà necessariamente. Cosa fare allora quando l’esecuzione canonica dell’esercizio è al momento fuori dalla nostra portata? Semplice: facciamo in modo che la nostra portata si estenda.

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