Riassumo i punti salienti emersi nel post di ieri:
1. il rapporto tra LDL (lipoproteine a bassa intensità) ed HDL (lipoproteine ad alta intensità) è il fattore più importante per una buona gestione del colesterolo corporeo;
2. valori alti di colesterolemia, fino a 2,4 grammi per litro di sangue, non sono significativamente correlati a rischio cardiovascolare se il rapporto HDL/LDL è adeguatamente alto; in certi studi, addirittura, non si è riscontrata una differenza significativa nel rischio cardiovascolare fra un livello di colesterolo di 2,04 e di 2,94 grammi per litro di sangue;
3. il colesterolo esogeno (quello assunto con l’alimentazione) rappresenta mediamente il 10% della colesterolemia totale.
Intervenire sulla ipercolesterolemia riducendo la quota esogena è, a meno di eccessi nutrizionali significativi, una strategia piuttosto debole, anche per il fatto che la colesterolemia è il risultato di un equilibrio sistemico e laddove si riducesse l’assunzione di colesterolo la quota endogena potrebbe aumentare per compensazione.
Questa compensazione avviene anche nell’altro senso: mangiare (senza esagerare!) anche cibi ricchi di colesterolo non causa direttamente un aumento delle LDL. Molto più efficaci, in questo senso, sono alcuni grassi particolari.