Prodotti alimentari industriali, benessere e dimagrimento

Come dicevamo nel post precedente, nei prodotti alimentari di provenienza industriale esistono certamente sostanze capaci di creare rallentamenti metabolici, dismetabolismi e, quindi, di far ingrassare anche chi stia attento all’alimentazione e faccia attività fisica.
Alcune di queste sostanze sono legali, ma a volte ce ne sono anche di illegali. Capita che le sostanze illegali vengano scoperte, come in alcuni casi eclatanti che ho riferito.
In questo post vorrei dedicarmi solo alle sostanze che, pur ammesse dalla legge in molti paesi, posso creare i problemi in questione.

Ad esempio, la legge italiana consente alle aziende dolciarie di utilizzare nei loro prodotti diverse sostanze grasse. Se il burro costa all’ingrosso trenta volte più del sego di bue, ed entrambe le sostanze sono consentite, cosa credete metteranno le aziende nei loro dolci?
Avete indovinato.

Qualcuno potrà obbiettare: ma il libero mercato dà spazio a tutti, e se c’è un’azienda che offre prodotti migliori a prezzi più alti troverà la sua nicchia. Il ragionamento è giusto nel suo principio, ma bisogna valutare caso per caso la convenienza di mercato. Conosco ben poche aziende che rinunciano ad un fatturato più alto in funzione di un ideale di qualità, a meno che questa qualità non aiuti a vendere di più.
Di fatto, esistono in Italia ditte dolciarie che fanno i loro cornetti col burro, che però costano più di un euro l’uno. Queste ditte si ritrovano a servire ad esempio alberghi di lusso, ma certamente hanno anche altre linee di produzione più economiche: gli italiani comprano ogni giorno forse milioni di cornetti, ad un prezzo medio di 35 centesimi.
Se su un’etichetta leggete “grassi animali”, state certi che non si tratta di burro: verrebbe chiaramente indicato, perché costituirebbe un vanto (ed un costo) di non poco conto.

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Olio di palma e olio di cocco, margarine

Un altro esempio importante è costituito dall’olio di palma. Una brutta bestia: una sostanza praticamente estranea all’organismo, che può restare nell’intestino per venti giorni rallentando la digestione di qualsiasi altra cosa mangiamo nel frattempo (e facendoci anche ingrassare). Si chiama olio ma è un grasso saturo, quasi solido a temperatura ambiente. È l’olio vegetale più prodotto al mondo, ed il più economico assieme all’olio di cocco. Ergo, tutte le volte che sull’etichetta di un prodotto leggete “oli vegetali” state certi che si tratta di olio di palma (o di cocco).
Queste sostanze sono state introdotte perché servivano dei grassi saturi per aumentare l’appetibilità dei prodotti: il burro è troppo caro; la gente non comprerebbe più prodotti a base di grassi saturi animali perché ormai si informa, e quindi anche il grasso di bue in etichetta non vende… per anni si sono usate al suo posto le margarine, sostanze vegetali per definizione; e per anni abbiamo creduto che il termine vegetale fosse una sorta di assicurazione di leggerezza. Ma le margarine, per definizione, sono grassi saturi prodotti artificialmente da grassi non saturi (oli) tramite un processo detto di idrogenazione (si usa l’idrogeno per saturare i grassi non saturi) e quindi anche quelle sono state presto respinte dai consumatori. L’ultimo trucco è proprio l’uso di olio di cocco o di palma, che sono grassi saturi ma si nascondono dietro un nome leggero e naturale.
In altri rami dell’industria, queste sostanze sono utilizzate come lubrificanti meccanici. Contengono tre o quattro volte la percentuale di grassi saturi del burro o dell’olio di oliva, e nessuna vitamina o sostanza utile; servono solo a dare ai prodotti quella consistenza e quel sapore di grasso che siamo ormai stati condizionati a cercare ed apprezzare (guardate come fanno venire la voglia di sgranocchiarne ancora, e ancora… guardate come piacciono ai bambini). Ed il bello è che possono fregiarsi, in etichetta, di denominazioni lusinghiere ed accattivanti quali oli vegetali non idrogenati: tenete il cervello tutto acceso.

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Leggete le etichette !

Il concetto per interpretare le etichette dei prodotti alimentari è quindi molto semplice: le aziende (oneste) usano le sostanze ed i procedimenti più economici disponibili, e se sono costrette ad usare sostanze più nobili si affettano a scriverlo, per segnalare che il loro prodotto è di qualità superiore. State certi, ad esempio, che un olio di oliva non sarà spremuto a freddo a meno che questo non sia chiaramente indicato in etichetta.

Ci pensiamo poco, ma la quasi totalità dei prodotti confezionati che compriamo in negozio contiene sostanze chimicamente modificate o additive di varia natura: alcune modificano il sapore del cibo, altre ne modificano il colore, altre la sapidità, altre l’odore; altre la consistenza, la schiumosità, il pH; altre sostanze servono a conservare i cibi più a lungo.
Interessante notare che in molti paesi i prodotti alimentari confezionati devono obbligatoriamente avere dei conservanti, anche se si tratta di prodotti sostanzialmente freschi con la stessa data di scadenza di quelli che si possono comprare sfusi.

Non mi è possibile essere molto esplicito sulle varie categorie di additivi dell’industria alimentare, perché le normative possono cambiare molto da paese a paese. L’Italia è uno dei paesi che più tutela il consumatore, il nostro sistema di etichettatura è probabilmente il più completo e trasparente al mondo.
Cercherò comunque di darvi delle indicazioni di massima su alcune classi di sostanze.

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Come comportarsi ?

I disturbi causati da sostanze chimiche nei cibi sono raramente eclatanti: di solito sono sostanze che agiscono lentamente, in maniera silente. È molto raro che ci venga di associare una intolleranza alimentare, un’alterazione della flora batterica, dolori articolari, disturbi del sonno… disagi cronici che ci portiamo dietro da anni, a qualche additivo che mangiamo da anni.
È forse inutile – ma debbo farlo – sottolineare che non tutti i nostri disagi e malattie vengono, naturalmente, dagli additivi alimentari. Pensarlo sarebbe un errore logico, e ci porterebbe ad avere un atteggiamento sbagliato nei confronti di ciò che mangiamo… e di una buona fetta del mondo! E poi, non dimentichiamo che “fa bene” e “fa male” sono delle categorie morali.

Non è quindi mangiare una volta ogni tanto qualcosa di pesante o di poco digeribile per l’organismo che potrà crearci problemi, a meno di una sensibilità verso una specifica classe di sostanze: semmai, i problemi possono nascere se insistiamo con certe categorie di sostanze continuativamente per mesi o anni. E questo vale, naturalmente anche per prodotti totalmente naturali: non possiamo mangiare arachidi, torte, o carne… due volte al giorno per tutta la vita!
Premesso questo, vediamo quali sono le categorie di sostanze di cui è meglio non abusare. Sostanzialmente si tratta di imparare ad avere un occhio critico nei confronti delle etichette dei prodotti che acquistiamo.

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Gli aromi, cuore del prodotto industriale

Oltre agli oli vegetali ed ai grassi saturi animali c’è tutta una categoria di sostanze genericamente denominate aromi di cui l’industria alimentare fa largo uso. Se non è specificata la dizione aromi naturali, si tratta di sostanze puramente chimiche. In Europa se ne utilizzano normalmente più di 2000. Si tratta di sostanze il cui impatto sulla qualità della nostra vita non è mai stato osservato da vicino, catalogato, studiato in maniera sistematica. Ma ci sono notizie discretamente buone, almeno per gli abitanti del Vecchio Continente, come riporta ad esempio Ilfattoalimentare.it: l’Autorità per la Sicurezza Alimentare Europea (EFSA) ha per la prima volta pubblicato nel 2010 un rapporto completo sulla sicurezza di parecchie di tali molecole. Naturalmente questo non significa nulla, ma è segno che almeno ci si pone il problema. Qui è possibile leggere il resoconto della commissione (in inglese).

Il mondo degli aromi non va sottovalutato. Non crediate che si tratti di una componente marginale del prodotto finito: al contrario, il motivo per cui le patatine di McDonald’s o di un suo concorrente hanno quel sapore particolare, che le distingue dalle altre e ci fa venire voglia di tornare proprio in quel posto a mangiarle sta proprio negli aromi. E perché quella tale carne in scatola ci piace tanto, e quell’altra meno? Sempre a causa degli aromi. La carne lessata sa di carne: ma se la Simmenthal è così caratteristica e riconoscibile, ed è così diversa dalla Spam Garlic in aspetto, consistenza, colore, odore, sapore… la differenza è negli additivi. Gli additivi sono, quindi, il cuore del business alimentare.
In Rete troverete naturalmente un mucchio di informazioni in merito. Disinformazione.it, ad esempio, approfondisce questo argomento qui (in italiano).

Un mio conoscente ha un’industria di inscatolamento di pollo in Canada, e nella sua area il prodotto è abbastanza famoso ed apprezzato. Visto che si approvvigiona di polli dai vari allevatori, e che i polli hanno sapori diversi, le carni degli animali macellati vengono trattate in modo da privarle del sapore, e quindi insaporite ed aromatizzate col sapore “del marchio”. Questo è il procedimento che seguono tutti i produttori.

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Come regolarci

In linea di massima, non vedo ragione per mangiare tre volte al giorno e tutti i giorni cibi che contengono coloranti, conservanti, additivi, esaltatori di sapidità, spumogeni, grassi più o meno sintetici. È incredibile vedere quali cambiamenti nel metabolismo e nella forma psicofisica possono esserci in una persona che smette di mangiare regolarmente biscotti, dolci, merendine, bibite, prodotti precotti, inscatolati ecc. di fattura industriale (questo vale anche per McDonald’s & affini, naturalmente).
Ho seguito personalmente come trainer e nutrizionista persone che solo smettendo di mangiare prodotti industriali hanno cominciato a perdere chili a vista d’occhio, anche se mangiavano il doppio di prima, con piatti di pasta raramente sotto i 200-300 grammi. Il miglioramento è molto veloce negli adolescenti e giovani adulti, ma è evidente in tutti i soggetti. Certo, se un adulto di 50 è intasato da sostanze di vario genere assunte per anni, l’avvio del processo di ricodifica metabolica è più lento. Ma insistete, vedrete che ne varrà la pena. E sarete sorpresi da quanto diversi sono gli àmbiti nei quali potrete riscontrare miglioramenti!

Quando si può, poi, è sempre meglio fare scelte… conservative: parrà ovvio ai più che una cosa sono delle patatine fritte in olio di semi di girasole e condite con sale; altro è una mostruosità costituita da “materie prime in polvere (farina di patate, farina di riso, amido e maltodestrine ricavate dalla farina di frumento), emulsionante: E 471 (mono- e digliceridi degli acidi grassi alimentari), yogurt in polvere, pomodoro in polvere, estratto di peperoncino verde piccante, paprika, polvere di aglio, proteine del latte”… ed un’altra mezza dozzina di ingredienti.

Nonostante i nomi naturali, tutte le sostanze elencate nell’etichetta qui sopra sono state pesantemente elaborate dalla chimica, con procedimenti che non è obbligatorio praticamente in nessun paese riportare in etichetta perché corrispondono a procedure industriali note (?).
A proposito, avete individuato il prodotto qui sopra?

Allo stesso modo, un biscotto (cavolo, dico, sappiamo tutti cos’è un biscotto, lo sappiamo da secoli e secoli… o no?!)… un biscotto dovrebbe essere fatto di farina, zucchero, burro e/o uova, acqua, sale, forse cacao, forse marmellata (a sua volta fatta di frutta in pezzi e forse zucchero): provate a leggere le etichette dei biscotti industriali. E non lasciatevi incantare dalle pubblicità dove tutti sorridono e sono felici, e tutti i prodotti industriali sono sani, leggeri e naturali. E, soprattutto, da quelle in cui darli ai nostri figli è un segno di amore.

È veramente difficile, oggi, trovare prodotti industriali puliti. E quando li troviamo sentiamo che non sono appetitosi come quelli cui siamo abituati.
Il miglior consiglio che posso darvi (e vi assicuro che sono serissimo come poche altre volte) è relegare questi prodotti ad un giorno a settimana o ogni dieci, in cui abboffarvi – con tutta la famiglia – di qualsiasi prodotto industriale vi piaccia in quel momento (incluso un giro da MacDonald’s o concorrenza).

Vi stupisce che non abbia consigliato di escludere completamente questi prodotti? Non perdete i prossimi post ;)

Image courtesy candele.splinder.com
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