Concludiamo, per ora, il grande tema della respirazione. Nel post precedente abbiamo già fatto diverse considerazioni importanti; se ve lo foste perso vi invito certamente a dargli un’occhiata, perché oggi approfondiremo il tema: vedremo come funziona la meccanica respiratoria, e come possiamo usarla al meglio. E vedremo altre cosette piuttosto interessanti, come la respirazione sotto sforzo e quella sotto stress. Procediamo!
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Come respiriamo
I polmoni sono come una spugna che funziona al contrario: se li lasciamo andare, si svuotano quasi completamente; per riempirli dobbiamo tirarli su, come si fa con un mantice. Per far questo utilizziamo dei muscoli, soprattutto il diaframma ed alcuni muscoli intercostali, che sollevano ed allargano le costole.
Il diaframma è situato nel torace, e separa i polmoni dagli organi della digestione. Immaginatelo come un telo elastico tirato e ripiegato sopra l’imboccatura di un bicchiere (del resto, come si dice, un’immagine (quella qui sopra) può dire più di mille parole…).
I polmoni poggiano sopra al telo, lo stomaco ed il fegato sono subito sotto. Apposite aperture permettono il passaggio di vasi sanguigni, dell’esofago e di quant’altro abbia continuità tra la parte superiore e quella inferiore del tronco. Perifericamente, il diaframma è inserito sulle costole e attorno alla colonna vertebrale.
Quando il diaframma è rilassato ha una forma a cupola a concavità superiore: nell’inspirazione tende ad appiattirsi, forzando le costole a sollevarsi ed aprirsi verso l’esterno; in questo modo i polmoni si espandono e si riempiono d’aria; quando si rilassa, la gabbia toracica torna nella posizione iniziale, ed i polmoni si sgonfiano.
Il diaframma è un muscolo interessante e dall’azione complessa; è l’unico muscolo che si allarga quando si contrae; è anche un muscolo involontario, la cui azione però può essere controllata…
Oltre a respirare normalmente possiamo anche espirare (riducendo il residuo di aria che rimane nei polmoni alla fine di una espirazione normale) ed inspirare forzatamente: in questo caso intervengono molti più muscoli di quelli sufficienti alla respirazione normale.
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Bloccare la respirazione
Quando compiamo uno sforzo, o quando siamo molto intenti e concentrati in un’azione particolarmente impegnativa, a molti viene spontaneo sospendere la respirazione. L’apnea, bloccando il diaframma ed aumentando la pressione intratoracica, ci dà maggiore stabilità meccanica ed emotiva, ed una maggiore sensazione di controllo. L’idea potrebbe anche essere buona, se non fosse per il fatto che respirare non ha solo a che fare col riempire e svuotare i polmoni: respirare ha anche implicazioni di carattere neurologico, cinetico-strutturale, psicologico ed energetico.
Ripropongo qui di seguito uno stralcio di un vecchio articolo pubblicato a mio nome sul periodico italiano Chitarre (maggio 1997).
Il corpo umano è un insieme di mille cavità, che si contraggono e si espandono secondo un’armonia antica.
L’aria ci nutre, ma non solo: l’aria ci fa vibrare. Quando decidiamo di inspirare (lasciando entrare l’aria dentro di noi) l’addome si allarga, i retti addominali si decontraggono e si allungano, i polmoni si gonfiano, le costole si espandono, lo sterno si solleva e il diaframma si contrae, abbassandosi e dilatandosi; il cuore batte più in fretta e con maggiore forza, la pressione intratoracica e addominale cresce, aumenta la pressione sanguigna; ci sentiamo portare un po’ verso l’alto; la colonna vertebrale si distende, le vertebre si distanziano reciprocamente, la curva della lordosi lombare si accentua.
Quando scegliamo di lasciar andare l’aria, tutti questi movimenti si invertono.
Anche il cranio – pensate – respira e risuona: il suo ritmo è circa 10 volte più lento di quello della respirazione polmonare. Le sue suture si allargano nella parte posteriore e si stringono in quella anteriore; le ossa parietali ruotano verso l’avanti e poi ritornano nella posizione iniziale.
L’uomo è un insieme iperconnesso, inscindibile: in-dividuo.
I movimenti meccanici della respirazione stimolano fisicamente i centri del sistema nervoso vegetativo: la catena gangliare dell’ortosimpatico ed il nervo vago, i cui equilibri determinano il nostro stato di agitazione, di attenzione, di piacere, di emotività e rilassamento.
Sarebbe incompleto pensare all’aria esclusivamente come fornitrice di ossigeno, ed occuparsi della respirazione solo come meccanismo di scambio gassoso: si rischia di non capire, e di restare chiusi in modelli poco utili per la percezione di noi stessi, senza la possibilità di acquisire nuovi strumenti per realizzare i nostri fini. Dalla respirazione (così come da tante altre cose) dipendono la nostra salute, il nostro benessere, la qualità della nostra vita, l’ampiezza delle nostre percezioni, la nostra capacità di prestazione.
Sono stati fatti molti discorsi sul controllo della respirazione (ed anche sulla necessità di un controllo della respirazione) per gli atleti, per i musicisti, per la concentrazione, per il rilassamento… Karpovich, uno dei massimi studiosi della fisiologia umana, dice: “…Si deve ammettere che tutte le discussioni sul controllo respiratorio [...] sono soprattutto dei tentativi fantasiosi e futili di interferire in un meccanismo [...] mirabilmente regolato”.
Pensate: dieci-quindici atti respiratorî al minuto a riposo, per tutta la nostra esistenza… Più di quaranta milioni di oscillazioni in una vita.
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Tante maniere di respirare
Non c’è un solo modo di respirare: avrete sicuramente già sentito termini come respirazione addominale, respirazione diaframmatica, respirazione costale, respirazione toracica.
In realtà, l’aria entra ed esce sempre e solo dai polmoni; ma diversi possono essere i modi che il corpo ha di accogliere l’aria, e fare spazio all’espansione polmonare. Se vogliamo riempire i polmoni al massimo della nostra capacità vitale (così si chiama), è l’intera cavità del tronco a dilatarsi; quando però ci serve meno aria, come nei momenti di riposo, sono sufficienti movimenti parziali. Sulla scelta di questi movimenti possiamo giocare molto, ed influenzare tanto la performance quanto il nostro benessere in generale.
Ad esempio, quando inspiriamo possiamo allargare la gabbia toracica sollevando e gonfiando il petto; oppure possiamo allargarla espandendo le costole al di sotto dei pettorali, su tutta la circonferenza toracica; oppure possiamo rilassare e gonfiare l’addome, in modo che gli organi digestivi si spostino leggermente in basso ed in avanti; il diaframma avrà così spazio per abbassarsi, favorendo l’espansione polmonare.
Nell’ordine, questi tre modi sono chiamati respirazione toracica o alta, respirazione costale o intermedia, respirazione diaframmatica o addominale o bassa.
Come noterete (fatelo a stomaco vuoto: è più facile,più fisiologico e più piacevole), è possibile effettuare senza grande sforzo una respirazione addominale concentrando l’espansione addominale in punti anche molto bassi: possiamo rilassare ed allargare l’addome all’altezza dello stomaco, o all’altezza dell’ombelico, o addirittura sotto l’ombelico, nella zona pelvica e perineale; naturalmente quest’area ha meno possibilità fisiche di espandersi, quindi in questo modo prendiamo meno aria e la respirazione sarà più superficiale.
L’aspetto più intrigante di tutto ciò è che il tipo di respirazione è in relazione diretta con la disposizione emotiva: la respirazione “superiore” è più tonica e dinamizzante, la respirazione bassa contribuisce ad aumentare il rilassamento. Respirare sotto l’ombelico aumenta la concentrazione dell’attenzione, acuisce la lucidità, abbassa il tono cardiaco. Queste dinamiche diventano più evidenti quando l’espirazione dura più (anche il doppio, o il triplo) dell’inspirazione.
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Respirare sotto stress
Avete fatto caso che quando siamo ansiosi o preoccupati la respirazione si alza, ed il suo ritmo aumenta? Prendiamo meno aria ma più frequentemente, e ci viene di soffiare con la bocca riducendo, in questo modo, i tempi di espirazione (tipico il fiuuu che dice: l’ho scampata bella!).
Questa relazione funzionale è valida anche al contrario: possiamo agire sulla respirazione per intervenire un po’ sul nostro stato d’animo e sulla nostra attenzione.
Soffiare è un gesto che applichiamo istintivamente quando siamo tesi: una delle conseguenze dell’ansia è la contrazione del diaframma, con relativi annessi neurologici; il soffio improvviso rilascia repentinamente e per un istante il diaframma, inducendo una reazione neurologica ansiolitica e rilassante. Soffiare sembrerebbe dunque una buona idea, senonché quando soffiamo la tensione già c’è, mentre sarebbe meglio che non nascesse affatto, e non bloccasse il diaframma costringendoci poi a trovare dei modi per alleviare la nostra rigidità.
Dunque ben venga il soffio se serve, ma quando serve è già tardi. L’obbiettivo del buon performer (che sia un atleta professionista o una casalinga) è di non avvertirne l’utilità: una respirazione addominale libera e rilassata, e soprattutto badare consapevolmente al fatto che nei momenti di tensione tendiamo a bloccare respirazione e diaframma, ci darà una maggiore lucidità, velocità di reazione, e forza fisica.
Notate che a stomaco molto pieno la respirazione addominale è faticosa, e siamo portati automaticamente ad una respirazione più alta.
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Respirare sotto sforzo
La cosa che in questi anni ho notato con maggior ricorrenza in chi pratica attività fisica è che sotto sforzo respiriamo poco: abbiamo un certo pudore a mostrarci col fiatone, come se la “fame d’aria” fosse un segno di debolezza. Da qualche parte ed in qualche momento della nostra storia abbiamo acquisito il mito dell’uomo vero che non mostra mai sforzo: un biondo vichingo tutto muscoli che porta di corsa la sua bella in braccio fin sulla vetta della torre (per poi sedurla in un tripudio wagneriano) senza neanche un filo di fiato di troppo.
Scordatevi una favola del genere: mi ritengo una persona molto sensibile e romantica, ma questa è un’idiozia: più usiamo i nostri muscoli, più consumiamo ossigeno ed abbiamo bisogno d’aria. Un bodybuilder che sale le scale di corsa avrà molto più fiatone di un maratoneta mingherlino, perché sta usando molti più chili di muscoli. D’altro canto, un maratoneta mingherlino potrebbe non arrivare mai sulla vetta della torre con la sua bella tra le braccia…
[Incidentalmente, e battute a parte, questa è una buona e seria spiegazione del perché i fondisti non debbano essere muscolosi.]
Quando siamo sotto intenso sforzo, riempirsi e svuotare i polmoni rappresenta, invece, uno dei momenti di maggiore gratificazione e piacere fisico! Respirare voluttuosamente e con efficacia è un gesto primordiale ed essenziale della nostra fisicità. Guardate gli atleti di alto livello: nessuno di loro si vergogna di respirare molto, ed a bocca aperta se serve.
Il modo migliore per veicolare una grande quantità di ossigeno è aprire la bocca e non dare alcun ostacolo al flusso dell’aria: niente soffi, niente boccucce a cuoricino, niente tecniche speciali o respirazioni ritmate (e vi rimando anche qui all’articolo precedente).
“Ma l’istruttore mi diceva sempre di inspirare col naso ed espirare con la bocca…”… Vero. La struttura del naso, la sua mucosa e le sue vibrisse (i peli) svolgono importanti funzioni sull’aria che inspiriamo: ne filtrano le impurità macroscopiche, la riscaldano, la umidificano, in modo che l’aria giunga a laringe, faringe, trachea, bronchi e polmoni nella maniera più sana e fisiologica.
Tuttavia, le dimensioni delle vie respiratorie nasali non ci permettono di prendere molta aria nell’unità di tempo: e quando l’attività fisica è molto intensa è impensabile sperare di prendere tutta l’aria che serve solo attraverso il naso. Ricordiamoci che più aria mettiamo a disposizione dei muscoli, minore la quantità di acido lattico che accumuleremo.
In certe pratiche di allenamento indirizzate ai giovani di alcuni sport quali il ciclismo si utilizza un apparecchio che blocca la bocca, costringendo l’atleta ad inspirare forzatamente col naso allo scopo di indurre un potenziamento dei muscoli inspiratorî. A parte la crudeltà della pratica e l’iperattività delle vie nasali, che può alterarne la fisiologia e anche la morfologia, il punto debole della teoria che soggiace a questa applicazione è che in una persona sana il consumo di ossigeno non è limitato dai fattori meccanici (ampiezza delle vie respiratorie, potenza dei muscoli respiratorî, dimensioni della gabbia toracica, capacità vitale) ma da fattori enzimatici: cioè dall’efficienza delle reazioni chimiche che estraggono l’ossigeno dall’emoglobina, lo portano nei mitocondri, lo mettono a disposizione dei meccanismi energetici per la ricarica dell’ATP.
Fatto salvo che correre o allenarsi in mezzo al traffico non è comunque una buona idea, non abbiate quindi remore ad aprire la bocca quando serve, senza tentare di resistere: non è da fighi, non dimostra nulla, non migliora la performance anzi la abbassa notevolmente. È giusto semmai l’atteggiamento contrario: se aspettate di aver fame d’aria per cominciare a respirare più intensamente siete già in ritardo, e la performance è già calata. Cominciate ad aumentare l’intensità, la profondità e il rilassamento della respirazione prima di averne bisogno: vedrete che quasi improvvisamente batterete tutti i vostri record!
Image courtesy squaloragnoelefantegatto.blogspot.com