Terminiamo con questo articolo l’analisi che abbiamo fatto sui piegamenti delle braccia. Diamo ormai per acquisita l’esecuzione canonica dell’esercizio e di tutte le sue varianti con riferimento all’ampiezza della presa, alla linea di spinta e di appoggio, al piano di lavoro. Per chi si fosse perso qualcosa, segnalo che a partire da qui potrete recuperare le informazioni perdute. In questo articolo esamineremo altre varianti dell’esercizio, più indirizzate a qualità specifiche, e decisamente più impegnative.
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Gomiti in fuori
Una prima, interessante possibilità, consiste nell’intrarotazione degli avambracci. In questa posizione i gomiti puntano verso l’esterno e le dita della mano verso l’interno.
Innanzitutto vi accorgerete che i tricipiti (i grossi muscoli della parte posteriore delle braccia) lavorano molto di più, con particolare riferimento alla zona del gomito; vengono invece scaricati i deltoidi anteriori (i muscoli delle spalle) e la porzione alta del pettorale. Il lavoro si concentra quindi principalmente su tricipiti e pettorali centrali. Per l’apertura tra le mani valgono le considerazioni di base che abbiamo già fatto.
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Gomiti in dentro
Al contrario, extraruotando gli avambraccio vi accorgerete che entrano in gioco maggiormente deltoidi anteriori, pettorali alti e bicipiti. Interessante, in questa versione, giocare con lo spostamento della linea di appoggio.
Le due varianti appena descritte sono molto faticose e più squilibrate nella distribuzione del carico rispetto alla versione standard, e vi consiglio di provarle con queste accortezze:
- che riusciate a fare almeno 4-5 serie di almeno 30 ripetizioni nello stile canonico, con non più di 2’ di recupero tra le serie;
- che scaldiate molto bene spalle e gomiti
- che facciate prima almeno due o tre serie con impostazione normale.
Una delle caratteristiche degli esercizi ad arti vincolati, nei quali gli arti in movimento non sono indipendenti, è che l’ampiezza di movimento è, in genere, limitata. Diversamente accade negli esercizi nelle quali i due arti possono muoversi indipendentemente l’uno. Un esempio classico è costituito dalle distensioni con bilanciere su panca, nelle quali la distanza tra le mani è fissa, rispetto allo stesso esercizio eseguito con due manubri; nella prima versione le braccia non possono scendere oltre il vincolo imposto dall’asta del bilanciere.
Nei piegamenti delle braccia troviamo una caratteristica simile: la discesa (e quindi l’allungamento dei muscoli impegnati) si interrompe quando il petto tocca – o meglio sfiora – il pavimento.
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Piegamenti split
Come abbiamo detto, i pettorali sono tra i gruppi muscolari che è meglio allenare in piena corsa esterna. Il metodo che si utilizza per superare questo limite intrinseco dell’esercizio è lo stesso cui fa ricorso il bodybuilding: lì si fraziona l’attrezzo, qui si fraziona… il pavimento! In pratica, utilizzando due rialzi che permettano di portare il busto al di sotto della linea di appoggio. Solitamente si hanno a disposizione due scelte tecniche: utilizzare dei rialzi per le mani (sono maniglie in tubolare metallico, oppure blocchetti di legno opportunamente sagomati), oppure fare l’esercizio su tre sedie (o tre panche): una per i piedi ed una per ciascuna mano. In questo modo abbiamo la possibilità di scendere col busto fino al limite fisiologico dell’articolazione della nostra spalla, moltiplicando il potenziale atletico ed estetico (ed il grado di difficoltà) di questo esercizio.
È opportuno che i piedi siano alla stessa altezza della mani, per non modificare l’inclinazione del piano di lavoro.
I vantaggi di questa versione:
- lavoro in massima corsa esterna;
- il pettorale esterno e basso acquisiscono un profilo pieno ed ampio;
- maggiore guadagno muscolare, sia in forza che in funzionalità;
- minore tendenza della spalla a riposo a rimanere in avanti, con quel brutto aspetto tipico di chi pratica male l’esercizio.
Qualche consiglio:
- non cominciate a praticare questa variante finché non siete capaci di fare almeno 4-5 serie tradizionali, a terra, da 30 ripetizioni, con on più di 2’ di recupero tra le serie;
- cominciate l’esercizio, in ogni seduta, con delle serie tradizionali;
- scaldate bene l’articolazione della spalla ed i gomiti prima di iniziare l’esercizio.
Vorrei comunque sottolineare che l’ampiezza di movimento limitata non è un difetto o un limite degli esercizi a corpo libero: anzi, è garanzia di maggior controllo e salvaguardia articolare. Un movimento impegnativo come i piegamenti delle braccia richiede una certa maturità muscolare e articolare, che si ottiene accumulando nel tempo una grande quantità di lavoro piuttosto che sviluppando una forza elevata. E dunque l’esecuzione canonica dell’esercizio, proprio perché caratterizzata da un’escursione più limitata della massima possibile per l’articolazione, è perfetta per migliorare le proprie qualità atletiche nell’esercizio senza stressare eccessivamente muscoli ed articolazioni. È bene passare a varianti più impegnative solo in un secondo tempo.
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Decliniamoci !
Un’altra variante molto interessante dell’esercizio è quella cosiddetta declinata.
In questa versione, i piedi si trovano ad un’altezza maggiore di quella delle mani. Se portiamo al limite questo paradigma arriviamo ai piegamenti in verticale completa, che ne sono per l’appunto il caso estremo.
Contrariamente a quanto avviene inclinando il piano di lavoro, in questa versione una percentuale maggiore del peso corporeo grava sui muscoli interessati, col risultato di renderla più impegnativa. Nella verticale piena, infatti, si solleva l’intero peso del corpo. Ma le note tecniche non finiscono qui.
Al pari delle distensioni su panca inclinata con bilanciere, la componente di anteroposizione del braccio diventa prevalente sull’adduzione, col risultato di coinvolgere maggiormente la parte alta dei pettorali ed i deltoidi rispetto alla modalità standard.
In particolare, questo esercizio è molto efficace per dare (oltre che una grande forza alla parte superiore del corpo) grande pienezza nella zona cosiddetta della saliera (i buchi tra pettorali, deltoidi e clavicole).
Possiamo aggiungere, come corollario, che al crescere della distanza tra le mani il punto di maggiore sviluppo si sposta verso la parte esterna del pettorale e diminuisce il lavoro dei tricipiti.
Anche per questa variante (soprattutto in posizione molto declinata o addirittura verticale) vi consiglio di:
- cominciare a praticarla quando siete in grado di fare almeno 5 serie da 30 ripetizioni in posizione tradizionale con non più di 2’ di recupero tra le serie;
- cominciare con declinazioni leggere, aumentandone pian piano il valore ogni volta che siete in grado di fare 4-5 ripetizioni in più;
- fare sempre 2-3 serie tradizionali prima di passare a questa versione
- scaldare molto bene spalle e gomiti.
Inutile forse sottolineare che a queste versioni a due braccia dell’esercizio si possono applicare tute le varianti di base in termini di spostamento della linea di spinta e di appoggio,e di ampiezza della presa.
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One-arm
L’ultima versione dell’esercizio di cui vorrei occuparmi qui è quella ad un braccio.
Si tratta di un movimento che coinvolge più fortemente i muscoli della spalla nel loro complesso, in maniere leggermente differenti a seconda dello stile di esecuzione di ciascuno: vista la difficoltà dell’esercizio, a seconda della forza disponibile, della costituzione strutturale e dell’equilibrio muscolare emergono più nettamente le differenze stilistiche e posturali individuali. L’enfasi sul pettorale è ridotta non perché questo muscolo non entri in azione, ma perché è ridotto il braccio di leva (il braccio non si adduce tanto quanto nei piegamenti a presa larga, ad esempio). Più alta è l’azione di quasi tutti i muscoli fissatori del corpo, ed in generale questo esercizio è veramente impegnativo; a maggior ragione ritengo quindi valide le raccomandazioni fatte per le varianti descritte in precedenza.
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Lu Di
Vi consiglio di sviluppare la maggior parte del lavoro settimanale utilizzando le versioni base dell’esercizio, ed aggiungere le varianti più impegnative in quantità non prevalente e ruotandole spesso, in modo da creare i giusti tempi di recupero.
Vorrei chiudere questa serie di articoli con una curiosità da Guinnes. Il simpatico bimbetto cinese che vedete qui a fianco si chiama Lu Di (si pronuncia Lu Ti). Ha sei anni (o meglio, li aveva quando la foto è stata scattata), e detiene il record del mondo assoluto di piegamenti delle braccia: ne ha fatto 10.000 (diecimila). Per la cronaca, ha impiegato 3 ore, cioè 10.800 secondi, al ritmo impressionante di quasi una ripetizione al secondo.
Buon allenamento a tutti :)
Images courtesy h4training.blogspot.com girlwithnoname.com doobybrain.com